Come determinare se le condizioni restrittive cui è sottoposto il detenuto siano tali da violare l’articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali?

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Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna specifica i canoni indicati dalla Corte di Cassazione.

A mezzo dell’ordinanza n. 1819 emessa in data 16.5.2024 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha fornito una lettura ermeneutica innovativa, tale da discostarsi dal mero dato metrico della cella, valorizzando anche altri parametri incidenti sulla qualità della vita detentiva.

Per giungere a tale conclusione, l’Autorità Giudiziaria predetta ha evidenziato che, al fine di determinare lo spazio pro capite, occorre tenere distinta la nozione di spazio personale (c.d. personal space, floor area per inmate, floor space per inmate, etc.) dalla nozione di spazio di libero movimento all’interno della cella (c.d. available floor space, floor space to pace out the cell, etc.). Di conseguenza, laddove lo spazio personale a disposizione del detenuto fosse prossimo al limite minimo indicato dalla Corte E.D.U. per la configurabilità della violazione (3 mq), occorrerebbe valutare in concreto l’interferenza determinata dagli arredi in relazione alla libertà di movimento all’interno della cella.

È così emersa, ancora una volta, l’importanza di soddisfare l’onere della prova a carico del reclamante per sostenere la ricorrenza della violazione onde ottenere la riduzione di pena ovvero il risarcimento del danno.

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